Lettera finanza

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74° Anniversario della Battaglia di San Martino Cuveglio,

19 Novembre 2017

Cap. Felice Stringile Comandante della Compagnia della Guardia di Finanza di Luino.

 

Mi è gradito innanzitutto rivolgere un cordiale saluto ed un sentito ringraziamento alle autorità Religiose, Civili e Militari presenti.

La partecipazione, in qualità di oratore ufficiale, nell’importante cerimonia di Celebrazione del 74° Anniversario della Battaglia del San Martino, è motivo per me di orgoglio e di onore.

Sarò breve, ma è doveroso ricordare alcune tappe che hanno costellato la storia della Repubblica Italiana. La lotta di “Resistenza” ha segnato una delle pagine più gloriose della nostra storia ed è figlia di un più grande sentimento di opposizione al nazifascismo sviluppatosi in tutta Europa a seguito della tirannia e della barbarie imperante fin dall’instaurazione dei regimi d’oppressione.

La realtà italiana vedeva la nostra nazione, fin al’8 settembre 1943, come il principale alleato del Reich, e come tale, partecipe alla guerra di aggressione e all’occupazione dei territori invasi. La Resistenza italiana si sviluppa perciò solo a partire dall’estate 1943, dopo il crollo del fascismo e la stipula dell’armistizio con gli anglo-americani.

I tedeschi, all’8 settembre occupano gran parte del territorio nazionale.

Nei giorni immediatamente successivi all’armistizio disarmano e catturano, circa 800.000 soldati italiani, perlopiù lasciati senza ordini e direttive dal re Vittorio Emanuele III, dal governo del maresciallo Badoglio e dai vertici delle forze armate. Alcuni reparti organizzano tentativi di Resistenza, che si concludono però tragicamente.

La gran parte degli uomini, deportati nei lager, sarà protagonista della “Resistenza disarmata” dei cosiddetti internati militari italiani.

Il Corpo della Guardia di Finanza fin dalla sua fondazione, ha avuto come compito primordiale quello di difendere i confini dello Stato sia dal punto di vista economico che militare.

Il Corpo è dunque sempre stato legato a queste zone di frontiera attraverso un legame forte, connotato, nel tempo dalle gesta eroiche di molte Fiamme Gialle che hanno versato il loro sangue in sacrificio, per onorare il servizio e la Nazione alla quale, da sempre, tutti noi prestiamo solenne giuramento.

Nemmeno l’efferatezza delle guerre ha mutato questo sentimento d’onore e di virtù.

Anzi, mi onora dire che lo ha maggiormente evidenziato in tanti atti eroici.

Nella vasta area che comprende il confine italo-svizzero, i finanzieri rimasti in servizio si adoperarono,con grande umanità, per agevolare lì espatrio dei militari italiani, dei prigionieri di guerra alleati evasi dai campi di concentramento, ma soprattutto degli ebrei, già scampati miracolosamente dall’Europa dell’Est e dalla stessa Penisola.

In tale ambito, non si può fare a meno di ricordare l’opera meritoria svolta il 12 settembre ’43 dall’allora capitano Leonardo Marinelli, Comandante della Compagnia di Madonna di Tirano, che personalmente guidò i suoi dipendenti nella disperata corsa contro il tempo pur di salvare il maggior numero possibile di sventurati.

Encomiabile poi il sacrificio dell’Appuntato Domenico Amato e del Finanziere Tullio Centurioni in servizio rispettivamente presso la Brigata di Casamoro e quella di Porto Ceresio.

Furono arrestati e accusati di aver collaborato “con alcuni cittadini a far passare il lago a molti ricercati”. Deportati entrambi in Austria, nel famigerato campo di concentramento di Mauthausen - Gusen ove trovarono la morte.

Uguale sorte toccò al Maresciallo Maggiore Luigi Cortile, Comandante della Brigata di Clivio, fu catturato dai tedeschi l’11 agosto 1944, per le responsabilità avute nell’espatrio clandestino degli ebrei.

Deportato in Austria vi morì il 9 gennaio 1945. Mi preme inoltre sottolineare il sacrifici odi un giovanissimo finanziere. Si chiamava Pietro Occhi e faceva servizio alla Legione di Milano.

In seguito agli avvenimenti dell’8 settembre, si era dato alla macchia, entrando subito a far parte di un’organizzazione partigiana operante in Lombardia.

Catturato dai nazifascisti, l’8 aprile 1945 fu deportato anch’esso a Mauthausen, ove cessò di vivere di lì a poco, ad appena ventuno anni d’età.

Per il suo eroico comportamento, Pietro Occhi fu decorato della Croce di Guerra al Valor Militare, con la seguente motivazione: “Giovane e attento partigiano, all’atto dell’armistizio aderiva al movimento della Resistenza prodigando tutte le sue energie per il trionfo della libertà della Patria. Catturato a seguito di un capillare rastrellamento nemico, sopportava stoicamente atroci torture senza nulla svelare che potesse tradire la causa partigiana.

Deportato nel campo di sterminio di Mauthausen l’8 aprile 1945, concludeva nella camera a gas il suo cosciente sacrificio. Mauthausen (Austria) giugno 1945”.

Ed anche qui, infine, fra i cunicoli e le fortificazioni di questo eroico monte, la Guardia di Finanza fu presente con il giovane finanziere Franco Giorgetti che ad appena 19 anni scelse di legare la sua sorte a quella degli eroici seguaci del Colonnello Carlo Croce, comandante del Gruppo Partigiano che egli rinominò “Gruppo Cinque Giornate-San Martino di Vallalta - Varese” e che guidò senza remora alcuna e con indomito coraggio contro gli aggressori, superiori in armamenti e uomini.

Quelle gloriose giornate del novembre 1943 segnarono storicamente una delle prime battaglie partigiane, ove mancò di certo la fortuna ma non il valore.

Indelebile, a tal guisa, rimane la testimonianza oculare del capitano Enrico Campodonico, Comandante della 2^ Compagnia del San Martino, partecipe dei fatti e quindi osservatore affidabile e prezioso nel suo dettagliato resoconto scritto solo qualche anno dopo.

Pur tra mille avversità, capaci di resistere al freddo, alla mancanza di rifornimenti e di armi, alle continue delazioni, alla vile rappresaglia nemica fatta di rastrellamenti e di torture, un manipolo di uomini resistette fino alla fine all’aggressore e chi rimase in vita ruppe in ritirata solo per l’assoluta carenza di armi senza mai mancare di coraggio.

Ciònonostante le giornate di lotta partigiana che questi luoghi hanno vissuto, seppur nella tragicità degli eventi che si sono poi susseguiti, rimangono a imperitura memoria di come pochi eroi, uniti dall’ideale sacro e puro dell’amore per la libertà, possano opporsi con coraggio e profitto ai molti carnefici armati solo della loro cieca brama di morte.

Le Fiamme Gialle che oggi mi onoro di rappresentare, anche sul San Martino seppero portare avanti una lucida azione umanitaria e patriottica, che, seppure tra mille difficoltà, rischi personali ed estremi sacrifici, salvò migliaia di vite umane da sicura morte.

Non sempre, però, la riconoscenza nei riguardi dei salvatori è stata unanime e, soprattutto, puntuale.

Se è vero, come è vero, che chi “salva un solo uomo salva il mondo intero”, come ricorda il Talmud, i tanti che dovettero la vita a questi splendidi soldati di frontiera e per primi, gli abitanti di queste valli, hanno il dovere di ricordarli per sempre, ma soprattutto di condividere i sentimenti di gratitudine con i giovani e con le generazioni future.

Concludo, permettetemi di farlo, con le parole finali che il Colonnello Croce usò in un ordine di servizio inviato al Comitato d’Azione di Varese durante l’infuriare della battaglia.

“Vi invio i miei patriottici saluti. Viva l’Italia. Viva l’Italia libera nel mondo liberato”. Grazie.